giovedì, Novembre 21, 2024

“Il Governo farà correre le aziende: ora tagliamo tempi e costi burocratici”

Le istituzioni

Alessio Butti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l’Innovazione, ha ricevuto la delega da Giorgia Meloni di seguire tutto l’ambito della trasformazione digitale. Tra i primi obiettivi che si è posto c’è un’accelerazione della connettività per favorire la crescita economica del Paese: “La mia linea è stata subito quella di sbloccare rapidamente tutti i fondi a disposizione e di agevolare la realizzazione di applicazioni 5G in tutte le aree”

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Un Paese senza autostrade è una landa isolata che non si muove e resta accartocciata su sé stessa. Oggi le autostrade più veloci e urgenti da realizzare sono quelle digitali per consentire alle aziende di correre e di proiettarsi nel futuro. Il sostegno dello Stato diventa quindi fondamentale affinché le infrastrutture siano pronte e adeguate alle esigenze del mercato.

Su questo fronte, la premier Meloni ha assegnato al sottosegretario Alessio Butti l’incarico di governare l’innovazione tecnologica del nostro Paese. Un incarico che coinvolge anche la strategia sulla banda larga, la transizione digitale in ambito pubblico e privato e anche i programmi per incrementare le competenze. Il sottosegretario ne parla con Pianura Network, illustrando anche tutti gli aiuti che gli imprenditori potranno ottenere attraverso il PNRR.

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Le imprese hanno bisogno di correre. Oggi l’economia ha quasi più bisogno di infrastrutture digitali che reali per stare al passo con i mercati di tutto il mondo. Quando potremo avere un’Italia perfettamente e velocemente online? Non siamo un po’ in ritardo con la banda larga?
Non c’è dubbio: la connettività è la base di qualsiasi intervento credibile di digitalizzazione, incluso ovviamente ogni intervento per rilanciare la competitività delle nostre imprese. Non a caso, il primo fascicolo cui ho messo mano subito dopo l’insediamento è stato
quello sulla “connettività”. Devo purtroppo aggiungere che all’apertura dei fascicoli è seguita un’amara sorpresa: la tabella di marcia impostata dal precedente governo non è stata rispettata in molti punti cruciali.

Ho scoperto che l’avanzamento del Piano “Italia 1Giga” (quello che porta le connessioni veloci su tutto il territorio nazionale) era molto indietro rispetto ai target di connessioni dichiarati nei piani trimestrali degli operatori. A ciò va aggiunto il fatto che ci siamo
trovati a gestire due eventi critici di portata globale: l’aumento vertiginoso dei costi delle materie prime e la carenza di manodopera specializzata. Voglio però rassicurare chi ci legge. Stiamo lavorando per garantire connessioni veloci a tutto il territorio entro i tempi previsti. Recuperando sui ritardi metteremo i nostri imprenditori nella condizione di poter “correre”, competendo ad armi pari rispetto ai competitor stranieri.

Nell’autostrada digitale nazionale si pone una questione di protezione dati. L’infrastruttura sarà controllata a livello pubblico o sarà lasciata totalmente nelle mani dei privati?
L’infrastruttura è nazionale. Significa che il controllo è saldamente in mano pubblica. Questo elemento è fondamentale per preservare gli interessi del nostro Paese e per tutelare gli equilibri occupazionali. Le competenze utilizzate nella realizzazione, attuazione e sviluppo dell’infrastruttura saranno invece anche private. Sarà garantita la competizione infrastrutturale.

Aiutare i nostri imprenditori a crescere, essere più innovativi, competere al meglio sui mercati, offrire opportunità professionali allettanti ai giovani

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Accanto al tema delle infrastrutture, si aggiunge spesso un problema di competenze digitali. Il governo come e quanto intende investire per ridurre il gap formativo?
Prima ho citato la connettività come pilastro delle politiche di digitalizzazione. Le competenze sono il secondo elemento portante per il successo di ogni strategia di innovazione tecnologica. Abbiamo tre grandi programmi che procedono in parallelo, andando a colmare tutti i divari di competenza che affliggono la popolazione. 

» Il primo è il Fondo per la Repubblica Digitale, finanziato con 350 milioni di euro, che sostiene progetti formativi per accrescere le competenze di base e quelle specialistiche di circa 100.000 cittadini, oltre a contribuire a colmare il gap di competenze ICT nel mercato del lavoro.

» Il secondo è la Rete dei Servizi di Facilitazione, del valore di 135 milioni di euro, che prevede la realizzazione di 3.000 punti di facilitazione digitale sul territorio (ad esempio sedi regionali, comunali, presidi sanitari, enti del terzo settore) da parte delle 21 Regioni e Province Autonome, per l’accrescimento delle competenze digitali di base di 2 milioni di cittadini.

» Infine, c’è il Servizio Civile Digitale, il cui valore ammonta a 60 milioni di euro, e che viene realizzato in collaborazione col Dipartimento per le Politiche Giovanili. L’obiettivo è coinvolgere 9.700 giovani che formeranno 1 milione di cittadini attraverso programmi di educazione digitale.

L’Industria 4.0 è ormai una realtà per le aziende più grandi e strutturate, ma molte PMI procedono al rallenty. Sono previsti incentivi statali per accelerare il processo di automazione digitale anche nelle imprese più piccole?
Ci sono moltissimi interventi nel PNRR che si rivolgono alla platea di imprenditori, inclusi naturalmente i piccoli e piccolissimi, offrendo loro incentivi per innovare, riformare le competenze del personale, e acquisire così maggiore competitività sul mercato. Per la parte che riguarda più da vicino il mio mandato le posso dire che una parte consistente dei nostri interventi di digitalizzazione mira a ridurre il carico burocratico per i nostri imprenditori. Oggi gli adempimenti amministrativi costano alle nostre PMI il 4% del loro fatturato (il 2% per le grandi imprese) per un totale complessivo che supera i 57 miliardi di euro annui. Sono costi insostenibili che ostacolano la capacità di innovare. Grazie all’interoperabilità tra le piattaforme pubbliche e le piattaforme digitali stiamo tagliando drasticamente i tempi (e quindi i costi) di gestione burocratica. Per non parlare delle procedure “super-semplificate” con le quali realizziamo gli interventi di connettività, fondamentali per portare su tutto il territorio le connessioni veloci, a vantaggio di cittadini e imprese.

9.700 giovani per formare 1 milione di cittadini attraverso programmi di educazione digitale

Dal territorio – anche della Pianura lombarda – emerge sempre di più il tema del PNRR che le aziende faticano a valutarne i vantaggi perché appare complicato capire come entrare nei meccanismi di approvazione progettuale.
Il PNRR è un piano multi-annuale di investimenti, articolato in più missioni e con obiettivi di breve, medio e lungo periodo. È inevitabile che contenga elementi di complessità. Mi sento però di rassicurare gli imprenditori, sia lombardi sia delle altre parti del Paese. Il governo
ha messo in piedi una macchina organizzativa che ha, tra le priorità, quello di facilitare il rapporto con la platea dei destinatari delle misure e dei fondi disponibili. Con la nuova orchestrazione centralizzata voluta dal Presidente Meloni, le procedure per utilizzare i fondi saranno ancora più semplici e i tempi più rapidi.
Inoltre, il confronto tra le strutture di governo e le forze produttive è costante. Io stesso impiego buona parte del mio tempo nell’incontrare e ascoltare le esigenze di imprese e parti sociali.

Accanto all’Industria 4.0, ora si affaccia prepotentemente alla finestra degli imprenditori anche quella 5.0. L’ennesima rivoluzione industriale… Su questo nuovo fronte come si posiziona il governo? È pronto a sostenere la sfida per rilanciare le aziende italiane?
Uscirei dalla terminologia mediatica che inventa troppo spesso nuove “etichette” (2.0, 4.0, 5.0) che non sempre hanno senso. L’industria e l’innovazione sono in costante evoluzione. Il governo ne è consapevole ed è pronto a sostenere qualsiasi misura utile ad aiutare i nostri imprenditori a crescere, essere più innovativi, competere al meglio sui mercati, offrire opportunità professionali allettanti ai giovani, per tutelare gli interessi del Paese.

Il salto tecnologico deve coinvolgere anche la Pubblica Amministrazione per consentire alle aziende di dialogare più velocemente con lo Stato e spazzare via i detriti della burocrazia del passato. A che punto siamo?
La metafora del salto è giusta, a condizione di essere d’accordo sul contesto. Digitalizzare la pubblica amministrazione significa fare prima di tutto, e soprattutto, un salto culturale. Non si tratta di “impiantare” nuove tecnologie sulle strutture e procedure pubbliche, ma di
cambiare radicalmente il modo in cui le strutture pubbliche lavorano, i tempi che impiegano per erogare servizi, il modo in cui interagiscono con i cittadini e quello con cui offrono informazioni in modo trasparente, oltre all’approccio che seguono nel reclutamento e formazione del personale. La nostra politica di digitalizzazione interviene su tutti questi fronti, contemporaneamente: quello delle piattaforme digitali attraverso cui erogare servizi a cittadini e imprese, rapidamente, senza complicazioni e a costi ridotti; quello delle competenze che ho citato prima (e che ovviamente riguarda anche le competenze dei lavoratori del pubblico); quello della transizione
dei dati sul cloud; e infine quello del supporto alla transizione digitale delle amministrazioni locali, facendo attenzione alle esigenze di tutti.

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Accelerare la realizzazione di applicazioni 5G in tutte le aree, nel pubblico ma anche nel privato

Non c’è digitalizzazione se non si affronta anche il delicato tema delle reti mobili 5G. Tutto sotto controllo sugli effetti di questa tecnologia? Servirà anche alle aziende?
Servirà soprattutto alle aziende. Il 5G è una tecnologia che – tornando alla metafora del salto tecnologico – ci proietta in avanti di almeno 10 anni. Diversamente da chi ci ha preceduto al governo, la mia linea è stata subito quella di sbloccare rapidamente tutti i fondi a disposizione e di accelerare la realizzazione di applicazioni 5G in tutte le aree, nel pubblico ma anche nel privato.
Tra le aree più interessanti e promettenti per l’industria ci sono le reti di logistica e l’ottimizzazione della movimentazione delle merci e lo smart farming. Pensate ai vantaggi per un’impresa agricola che, attraverso un drone, può intervenire in modo mirato sulle coltivazioni, contenendo i costi e massimizzando i risultati.

I recenti attacchi hacker che hanno mandato KO migliaia di server in Italia e nel mondo mostrano una debolezza nella difesa. Quale è la politica del governo Meloni sulla cybersecurity?
Pochi giorni fa è cambiata la guida dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale: Frattasi, il nuovo Direttore, ha subito chiarito che il ruolo cui l’Agenzia deve ambire va oltre la difesa delle nostre infrastrutture strategiche da atti ostili. Ambisce a essere un “collante” tra tutte le articolazioni istituzionali, amministrative ed economiche, per garantire una transizione digitale sicura.
Questo è l’obiettivo per cui lavorano il governo e il Dipartimento per la Transizione Digitale, tra le altre cose garantendo la sicurezza dei dati sul cloud, difendendo l’interesse nazionale nella gestione dei dati, e recuperando la sovranità tecnologica che i governi precedenti 
hanno trascurato. Il risultato di questa poca attenzione alla sicurezza lo conosciamo tutti: solamente lo scorso anno l’Italia ha detenuto il triste primato di primo Paese europeo per numero di attacchi malware, con ben 82 milioni di attacchi intercettati.

Nell’oceano intangibile della Rete c’è anche tutta la questione della protezione dei dati attraverso il cloud nazionale del Polo Strategico Nazionale. Come possiamo arginare l’interferenza del “Cloud Act” degli Stati Uniti?
La arginiamo difendendo la nostra autonomia rispetto alla gestione dei dati pubblici. Questo significa ridurre ogni tipo di dipendenze dai Paesi terzi. Nel caso del cloud, chi ci ha preceduti al governo ha sostenuto di non avere libertà di scelta negli operatori, dal momento che eravamo in ritardo e dovevamo fare in fretta. Questo anche a costo di mettere a rischio interessi nazionali fondamentali come la tutela dei dati personali. Il governo in carica ha finalmente invertito la rotta. Abbiamo scelto un modello federato che valorizza le migliori in-house pubbliche nazionali e regionali, le PMI e le eccellenze della ricerca.

Bruno
Bruno Bonassi
Giornalista professionista. Direttore editoriale di Pianura Network, vicecaporedattore de L’Eco di Bergamo e direttore editoriale oltre che responsabile dei rapporti istituzionali dell’Osservatorio Delta Index, società del Gruppo Sesaab che si occupa di misurare l’attrattività delle aziende rispetto alle nuove generazioni. Ogni domenica curo una pagina intera sul tema lavoro-giovani (il nome della rubrica è “Ciclone Z in azienda”) su L’Eco di Bergamo, La Provincia di Como, di Lecco, di Sondrio e il Cittadino di Lodi.
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