giovedì, Novembre 21, 2024

Diachem: Al centro la salute delle piante per un’agricoltura sempre più sicura

DIACHEM

Un’azienda al cento per cento italiana, a gestione familiare e bergamasca. Fin da tempi non sospetti, sta puntando su un tema oggi diventato fondamentale: la sostenibilità ambientale. Diachem produce e confeziona agrofarmaci e agronutrienti, vale a dire una gamma di nutrienti come fertilizzanti, concimi e biostimolanti a uso agricolo. «Una strategia integrata è la vera agricoltura sostenibile – evidenzia Francesca Dubbini – La pianta viene inevitabilmente attaccata da agenti esterni: è in quel momento che, per garantire una produttività e una qualità sostenibili, subentrano i nostri prodotti, sicuri e autorizzati dal ministero della Salute»

«Per spiegare quello che facciamo mi piace fare un paragone con la salute umana: se una persona si nutre bene e mangia sano, fa sport, probabilmente sta bene di salute e, quando ha il raffreddore, riesce a combatterlo e se la cava. Ma, se gli arriva l’influenza pesante, deve prendere l’antibiotico.

Lo stesso vale per le piante: si può cercare di gestire l’agricoltura in modo sostenibile, utilizzando prodotti naturali per far sì che la pianta stia meglio e sia naturalmente predisposta a combattere il clima, i funghi e gli insetti. Ma quando la pianta viene attaccata, inevitabilmente, perché possa produrre in quantità e qualità adatta a sfamare la popolazione, si devono usare i nostri prodotti. Prodotti che sono autorizzati, dopo un iter giustamente lungo e rigoroso, dal ministero della Salute, come i farmaci per l’uomo, e che, se usati in modo corretto, sono assolutamente sicuri».

Francesca Dubbini rappresenta la quarta generazione della famiglia proprietaria della Diachem, un’azienda al cento per cento italiana, a gestione familiare e bergamasca. Che, fin da tempi non sospetti, sta puntando su un tema oggi diventato fondamentale quando si parla di agricoltura: la sostenibilità ambientale. «Anche per toglierci di dosso la nomea, errata, che noi siamo quelli brutti e cattivi e che inquiniamo – chiarisce Francesca –. Oggi per noi la sostenibilità va declinata inevitabilmente in quella ambientale, in quella sociale e in quella economica.

diachem francesca Dubbini A
Francesca Dubbini

Aspetti che si devono interfacciare tra loro. Il rispetto per noi deve essere valorizzato sotto tutti i punti di vista: dall’ambiente dove lavoriamo ai rapporti con i dipendenti e i clienti. E poi con l’esterno: da anni abbiamo avviato una campagna informativa per chiarire qual è il nostro lavoro, a partire dal fatto che non è corretto chiamare pesticidi ciò che produciamo, il termine corretto è agrofarmaci».

I podcast «Fatti di terra»

Oggi Diachem ha avviato una serie podcast intitolata «Fatti di terra: voci dal mondo dell’agricoltura» con interviste a specialisti e informazioni a trecentosessanta gradi sull’agricoltura e sulla sostenibilità nel settore. Podcast che hanno già superato i diecimila ascolti e che hanno fatto seguito al cortometraggio «La mela non si tocca», che segue il filone fiabesco avviato già da diversi anni dalla Diachem per spiegare quello che l’azienda – che oggi ha il quartier generale a Caravaggio, nella Bassa bergamasca – fa quotidianamente. A partire dagli incontri nelle scuole e alle visite a scolaresche nel sito produttivo.

Ezio Dubbini partì da zero in questo ambito. Inventò il nome «Diachem», quale acronimo di «Development industrial and agricolture chimicals»

Le origini dell’azienda

Francesca Dubbini appartiene, con il fratello Roberto e con i cugini Luca e Leonardo, alla quarta generazione: l’origine dell’azienda si deve al bisnonno Luigi Dubbini, ingegnere civile che nel lontano 1937 giunse da Toscolano Maderno, nel Bresciano, al quartiere di Redona, dove fondò, con il fratello Amleto, ingegnere chimico, un’azienda chimica nel campo dei prodotti per la tessitura. L’ambito iniziale di attività era la realizzazione di prodotti per la tessitura e la concia. Di fatto Ezio Dubbini partì da zero in questo ambito. Inventò il nome «Diachem», quale acronimo di «Development industrial and agricolture chimicals», precursore, settant’anni fa, anche nell’utilizzo dell’inglese. Assieme al braccio destro, l’agronomo Giovanni Carboni, aprì la prima sede ad Albano Sant’Alessandro, sempre alle porte di Bergamo: ancora oggi nel quartier generale di Caravaggio – dove l’azienda ha trasferito la produzione negli Anni Ottanta e poi gli uffici dal 2012 – è esposta una grande foto con i primi macchinari degli Anni Cinquanta ad Albano.

Un approccio sostenibile

» CONTROLLO DELLE EMISSIONI Le emissioni atmosferiche di inquinanti produttivi sono gestite da impianti di trattamento e abbattimento regolarmente registrati presso le autorità competenti e soggetti a controlli periodici.

» RACCOLTA E TRATTAMENTO DELL’ACQUA I rifiuti industriali sono raccolti in contenitori speciali e adeguatamente conservati per lo smaltimento da parte di aziende specializzate, nel rispetto delle normative vigenti. Nello stabilimento di Caravaggio, l’acqua meteorica proveniente da tetti e coperture viene raccolta, analizzata, filtrata (o eventualmente smaltita) prima di essere convogliata nei fossi di irrigazione.

» FONTE DI ENERGIA Nel 2005, è stato costruito un sistema fotovoltaico a terra da 200 kW vicino allo stabilimento di Caravaggio (BG) per produrre elettricità per le linee di produzione; mentre nel 2012 sono stati installati pannelli fotovoltaici sulle falde del nuovo edificio per uffici, i quali producono abbastanza energia per alimentare le pompe di calore, che a loro volta forniscono il sistema di riscaldamento e raffreddamento dell’edificio. Inoltre, sono presenti stazioni di ricarica presso gli uffici e l’area parcheggio dello stabilimento, disponibili per dipendenti e visitatori.

» PRODOTTI La ricerca di innovazione sostenibile dei prodotti è uno sforzo continuo che coinvolge tutte le aree di attività; tutti sono chiamati a valutare, identificare e proporre soluzioni biologiche, nella protezione delle piante e anche nella nutrizione e stimolazione delle stesse. Inoltre, i prodotti offrono nuove soluzioni di packaging eco-sostenibile e nuovi modi per gestire l’imballaggio pre e post-produzione.

» UFFICI Le decisioni di costruzione e architettura rispecchiano gli imperativi di efficienza energetica e risparmio energetico: gli uffici sono stati progettati per ottimizzare l’illuminazione naturale dell’ambiente di lavoro, e anche per ricevere l’illuminazione in inverno e l’ombreggiatura durante l’estate.

» METODO DI LAVORO L’azienda è riuscita a sfruttare le opportunità derivanti dall’innovazione tecnologica e dalla digitalizzazione, implementando un sistema di business intelligence (Qlink) negli ultimi anni e adottando, nel 2021, il sistema di gestione «SAP Business One». Questo software è stato adottato anche per la gestione della produzione e, di conseguenza, un obiettivo chiave raggiunto è stata la completa digitalizzazione dei metodi di formulazione e imballaggio, ora trasmessi e accessibili ai reparti di produzione in formato digitale, utilizzando postazioni di lavoro tecnologiche dedicate.

diachem approccio sostenibile COL DX

All’estero Diachem è presente dal 2017 in Olanda con Pireco, specializzata in prodotti per l’agricoltura di origine naturale estratti dalle piante

Agrofarmaci e agronutrienti

Oggi Diachem produce e confeziona agrofarmaci e agronutrienti, vale a dire una gamma di nutrienti come fertilizzanti, concimi e biostimolanti a uso agricolo. Negli anni la Diachem si è chiamata anche Chimiberg, che oggi è il marchio commerciale con cui l’azienda vende gli agrofarmaci in Italia, così come lo è Diagro, marchio commerciale degli agronutrienti venduti nel nostro Paese ed ex azienda con cui Diachem si è fusa nel 2021. All’estero Diachem è presente dal 2017 in Olanda con Pireco, specializzata in prodotti per l’agricoltura di origine naturale estratti dalle piante. «Questa strategia integrata è la vera agricoltura sostenibile», evidenzia Francesca Dubbini. Oggi nella holding familiare che controlla al cento per cento Diachem, la Gmp, acronimo di Gianluigi, Marco e Paolo, i tre figli di Ezio, ognuno di loro, così come dei loro figli, ha un preciso ruolo, volutamente organizzato in modo che la quarta generazione non si interfacci mai con il proprio papà, ma con lo zio. «Gmp» detiene anche il cento per cento di Pireco e di Sostel, società con sede ad Albano che si occupa della vendita di sistemi medicali e quote minoritarie di Renolab, un laboratorio specializzato in analisi chimiche usate nei dossier per i prodotti, e di Nanomia, ex startup che si occupa di formulazioni di microincapsulato senza l’uso di microplastica. Un tema anch’esso legato alla sostenibilità ambientale.

I settori di business

Diversi i settori di business di Diachem: il tool manufactoring, con la produzione e il confezionamento per aziende del settore, anche multinazionali senza siti produttivi in Italia e/o Europa, che commissionano i loro prodotti poi venduti in tutto il mondo; le vendite dirette in Italia tramite una rete di agenti a clienti come consorzi agrari e negozi; le vendite ad altre aziende del settore e che distribuiscono prodotti con i loro marchi ma di cui Diachem è proprietaria della registrazione. In totale oggi Diachem ha 130 dipendenti. «Ognuno di loro è informato, sotto il motto ‘Made for Gaia’, ovvero ‘Fatto per la Terra’ di quanto avviene nell’azienda – spiega Francesca Dubbini – grazie a un notiziario interno, perché riteniamo sia giusto che tutti sappiano quello che sta avvenendo, indipendentemente dal loro ruolo».

Pannelli solari rotanti

Il sito produttivo di Caravaggio, affiancato dalla palazzina degli uffici, è alimentato per il 15% da alcuni pannelli solari rotanti, la cui capacità sarà a breve raddoppiata grazie a un progetto di implementazione. Non solo. Diachem ha anche in corso da tempo un ambizioso progetto che ora sembra arrivato al dunque e che prevede, nei prossimi dieci anni, l’ampliamento del sito produttivo lungo l’ex statale Padana superiore di 18.900 metri quadri, più del doppio degli attuali 14mila, ma comunque contenuti rispetto alla proprietà complessiva di 150mila metri quadrati. Ampliamento che permetterà di razionalizzare al meglio i vari settori produttivi. «Anche in questo progetto abbiamo cercato un giusto compromesso tra sostenibilità ambientale, sociale ed economica», – spiega Francesca Dubbini –, «Noi crediamo nella combinazione di prodotti più tradizionale e di sintesi chimica con quelli più naturali, che impattano meno e hanno un’efficacia comunque diversa». «Oggi l’obiettivo della nostra azienda – spiega Milena Crotti, communication manager di Diachem – è di far trasparire quanto il settore in cui opera, l’agricoltura, sia strettamente legato all’ambiente, che ovviamente non vogliamo distruggere, anzi: questo concetto è un retaggio di un passato ormai lontano, quando nel settore i controlli erano minori e il tema della sostenibilità non interessava purtroppo a nessuno. Oggi Diachem investe il 10% del fatturato in ricerca e innovazione, svolta all’interno e tramite consulenze esterne. Questo per far fronte proprio alla sostenibilità, anche perché è l’Europa che ce lo chiede e ha imposto dei paletti, come la riduzione del 60% degli agrofarmaci e del 25% dei fertilizzanti entro il 2030. Manca tuttavia ancora un’analisi di fondo per capire di preciso su cosa debba comportare questo taglio. Anche per evitare che il nostro settore venga paralizzato».

La complessità dei prodotti

«Per arrivare a produrre un nuovo prodotto – aggiunge Francesca Dubbini – servono almeno cinque anni dall’idea alla vendita e un investimento, come minimo, di un milione di euro, utilizzando un principio attivo già conosciuto e semplicemente, si fa per dire, mettendo a punto una nuova ricetta. L’iter autorizzativo è diventato sempre più complesso appunto perché l’Europa ha imposto una normativa sempre più rigorosa. Ed è giusto, ma se questa diventa talmente estrema, arriveremo al punto che l’agricoltura non sarà più sufficiente per sfamare le persone e, quindi, andremo a comprare e importare i prodotti dove queste leggi non ci sono o sono meno restrittive. E questa sarebbe sostenibilità? Direi decisamente di no».

Fabio
Fabio Conti
Fabio Conti è giornalista professionista dal 2005 e lavora da vent’anni al quotidiano L’Eco di Bergamo come redattore di cronaca, in particolare nera. Corrispondente ANSA da Bergamo, è appassionato del territorio e autore di diversi libri sulle tradizioni, i misteri e la cultura locale.
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