L’INEVITABILE SENSO DELLA STORIA
L’imminente imposizione di dazi del 102% sugli import di auto elettriche dalla Cina da parte degli Stati Uniti segna una svolta nella politica economica globale, mettendo in discussione gli ambiziosi obiettivi ambientali legati alla transizione energetica. L’Europa, stretta tra la competitività di USA e Cina, sembra inerte di fronte a una crisi che minaccia la sua industria automobilistica e la sostenibilità della sua politica di decarbonizzazione. La necessità di una revisione delle scelte ideologiche dell’attuale Commissione europea diventa urgente, con il rischio di lasciare campo libero alla Cina e ai suoi vantaggi industriali asimmetrici
L’America porterà i dazi al 102% sull’importazione di auto elettriche dalla Cina e aumenterà quelli su parecchi prodotti legati alla transizione energetica segnando di fatto la strada ad una revisione degli improbabili obiettivi ambientali scelti per un bieco tornaconto politico. L’Europa, che già naviga in un tremendo gap competitivo sia con gli USA e soprattutto con la Cina, sta sorprendentemente a guardare. Non c’è più spazio per ideologie che distruggono valore anteponendosi alla competitività dell’apparato industriale. Immediatamente dopo le elezioni di giugno l’Unione Europea sarà costretta a intervenire per correggere tutte le storture ideologiche decise dall’attuale commissione. È l’ultima chance che l’Europa ha per tentare di competere con i grandi blocchi economici mondiali che domineranno l’economia dei prossimi decenni.
Galileo e la verità negata
“Statemi a sentire: chi non conosce la verità è soltanto uno sciocco; ma chi conoscendola la chiama bugia, è un criminale”. Così Bertolt Brecht fa parlare Galilei nella sua celebre pièce teatrale Vita di Galileo che ripercorrendo la vita dello scienziato pisano, racconta il processo in cui fu costretto all’abiura da un sistema teocratico più interessato al proprio tornaconto ideologico che alla realtà delle cose. Fu quindi deciso seduta stante e per decreto, che non era la Terra a girare intorno al Sole ma il contrario. Dopodiché ci sono voluti “solo” quattro secoli perché l’inquisizione ammettesse il proprio errore. Quando l’ideologia prende il sopravvento sulla realtà, diventa una faccenda pericolosa e molto seria. Nonostante tutte le libertà di cui oggi possiamo gode re, il pensiero ideologico trova sempre i suoi anfratti nei quali il terrore ha sempre presa facile sulle paure più inconsce delle masse e oggi l’eco-terrorismo ambientalista sembra essere uno strumento particolarmente efficace allo scopo.
La storia corre veloce come la vanità
A rivedere le proprie convinzioni a proposito dell’inevitabilità dell’auto elettrica, in questo periodo tra le classi manageriali e politiche, sembrano tantissimi. Tutto come era logico, sta convergendo verso la realtà dei numeri che sono sempre rimasti gli stessi e che più volte vi ho invitato a leggere. La fiera delle vanità sta straboccando di persone insospettabili (e largamente improbabili) che sostengono di essere state da sempre dalla parte della ragione. A noi viene francamente da sorridere, ma va bene così: di conversioni sul letto di morte ce n’è piena la letteratura di ogni epoca e noi molto cristianamente siamo propensi al perdono.
L’Europa sarà costretta a seguire la via
daziaria americana se non vuole trovarsi in un brevissimo lasso di tempo con parecchie aziende sul lastrico e milioni di lavoratori disoccupati
Dazi e contro-dazi
Milioni di vetture elettriche cinesi di svariate marche sono già arrivate o sono in arrivo nei porti del Vecchio Continente; solo BYD sta costruendo 47 gigantesche navi da trasporto pronte ad invadere i ricchi mercati occidentali dopo che la Cina ha avviato imprudentemente un programma che dava per certo e scontato che gli europei sarebbero andati in massa ad acquistare le vetture elettriche, cosa che evidentemente invece non è avvenuta. Il tasso di penetrazione della vendita di auto a batteria in Europa ad aprile 2024 è fermo sotto il 12% esattamente come nel 2023 e non ci sono segnali di una possibile ripresa. La sovraccapacità del sistema industriale cinese nel suo insieme è oramai strutturalmente arrivata a livelli estremamente preoccupanti tanto che gli Stati Uniti hanno proposto dazi pesantissimi non solo sulle auto a batteria (102,5%) ma su tutti i prodotti che compongono la gamma necessaria per la cosiddetta transizione energetica, cosa francamente impensabile solo alcuni mesi fa, evidenziando con ciò l’assoluta gravità della situazione. Sta emergendo con tutta la sua forza ciò che io chiamai anni fa la “Transfollia energetica” e cioè la negazione ideologica dei fondamenti su cui l’Occidente si è sviluppato negli ultimi due secoli e che è in breve sintesi, la disponibilità quasi illimitata di ogni tipo di energia a costi accettabili. Oggi il 90% dei pannelli solari per esempio, è prodotto dal paese asiatico a prezzi più che dimezzati rispetto a corrispettivi costi europei rendendoci potenzialmente succubi di un unico paese antagonista che si posiziona al di fuori del nostro sistema valoriale. Stanno quindi emergendo chiarissimi tutti quegli elementi utili per considerare la Cina come artefice di un progetto per un vantaggio industriale asimmetrico dove tutti i benefici convergono verso il governo di Pechino lasciando terra bruciata attorno ad ogni settore preso di mira. L’Europa, che è cascata nella trappola, tentenna ma sarà costretta, nonostante la contrarietà dei tedeschi, a seguire la via daziaria americana se non vuole trovarsi in un brevissimo lasso di tempo con parecchie aziende sul lastrico e milioni di lavoratori disoccupati. Non solo, essendo l’Europa l’unico grande blocco politico al mondo ad avere imposto per legge l’adozione dell’auto elettrica dal 2035, la trappola cinese risulta avere un’efficacia ineguagliabile.
Sorprendenti (ma mica tanto) divergenze d’opinione
In tutto questo scenario, che ci potevamo benissimo risparmiare, stanno emergendo delle sorprendenti di vergenze d’opinione sia tra le case auto, sia nella visione globale delle singole cancellerie europee. Mentre si potrebbe pensare che i produttori di veicoli siano fortemente favorevoli ai dazi in difesa dei propri interessi, scopriamo che al contrario soprattutto i tedeschi, sono invece nettamente contrari a daziare le auto elettriche Made in China per la semplice ragione che il loro progetto (io ritengo originario) era ed è proprio quello di delocalizzare “per motivi di forza maggiore” le produzioni di vetture a batteria nel paese asiatico, abbassando nettamente i costi, sperando poi di venderle in Europa ai prezzi correnti. Il CEO di Stellantis Tavares, inoltre, ha per molti versi una posizione analoga e avendo probabilmente già compreso l’impossibilità di competere col sistema industriale di Pechino, ha addirittura stretto accordi per commercializzare in Europa le vetture elettriche della cinese Leapmotor. Non sorprende dunque che anche il governo tedesco tentenni e sia contrario ad imporre dazi anche per il motivo che la Germania è di fatto l’unico paese europeo la cui bilancia commerciale è in equilibrio con quella cinese e la paura di ritorsioni fa tremare i polsi al sistema industriale teutonico (grafico).
L’Italia possiede un poderoso apparato produttivo nella componentistica
con oltre trecentomila addetti.
L’imposizione dell’auto elettrica può mettere in crisi il sistema
Poco importa al governo di Berlino se il resto d’Europa si trova in un sostanziale deficit e ciò rappresenta molto bene quale sia lo stato dell’attuale coesione programmatica all’interno dell’Unione Europea. L’Italia, che in questo contesto è come un vascello in un mare in tempesta, sebbene non abbia più un’industria automobilistica indipendente, possiede però un portentoso apparato produttivo nella componentistica che si troverebbe senza più clienti e non trovando più sbocchi soccomberebbe rapidamente con i suoi quasi trecentomila addetti. I rischi di imporre tout court l’auto elettrica erano logici e ben noti da tempo ma sono stati totalmente ignorati con la conseguenza che lo svuotamento delle fabbriche automobilistiche europee sarebbe solo questione di tempo.
Che fare quindi?
Inutile tentare di vedere il bicchiere mezzo pieno come fanno alcuni operatori del settore. Se è vero che i fatti sono oramai chiarissimi e servono decisioni politiche forti che rimettano ordine al caos che la stessa politica ha generato, è pure vero che le cose sono già andate parecchio fuori controllo. Il settore in tutta Europa impiega troppe persone per lasciare al mercato o al caso le scelte strategiche soprattutto per il fatto che la Cina non può essere considerata né un competitor leale né uno inquadrabile in un sistema capitalistico di mercato. Competere con chi ha valori totalmente diversi dai propri non porta alcun vantaggio e non può prevedere una soluzione di compromesso accettabile. Non vi è alcun dubbio che se le elezioni europee formeranno una maggioranza diversa da quella attuale, si provvederà a cambiare la folle legislazione sull’inutile decarbonizzazione europea. L’eventuale scelta delle case auto di spostare in Cina gli impianti produttivi e di conseguenza quelli dei loro fornitori, appare alquanto rischiosa perché soggetta a pericolose ritorsioni alla luce di ciò che è recentemente successo in Russia ad alcune aziende italiane. La prudenza e la lungimiranza devono guidare i manager a fare scelte responsabili e non dettate solo da vantaggi di breve termine che esse potrebbero comportare. I governi europei devono altresì meditare bene prima di lasciare impiantare sul proprio territorio fabbriche cinesi che sarebbero solo paraventi per aggirare gli inevitabili dazi sull’importazione di veicoli elettrici. Se non sarà il buon senso a suggerire a politici e manager come agire, sarà il senso della storia a farlo che con la probabile invasione di Taiwan non lascerà più scampo a dubbi. Dobbiamo solo scegliere se guidare gli eventi o farci travolgere per l’ennesima volta dalla scarsa lungimiranza ideologica europea.