La start-up cremasca riconosciuta fra le migliori 500 del Paese è l’esempio virtuoso di eco-sostenibilità e abbattimento degli sprechi nell’ambito della nuova agricoltura. La particolarità di questo tipo di produzione sta in una nuova concezione: si tratta di piante che non sono più coltivate a terra (e con l’ausilio della terra) ma su strutture che possono essere di tipo orizzontale, verticale e con differenti varianti. Tutte hanno una prerogativa: quella di consentire il recupero quasi totale dell’acqua utilizzata per l’irrigazione. Paolo Grossi, autore del progetto: «Il nostro impianto di bioponica, ancora in fase sperimentale, costituirebbe l’unico impianto in Italia con queste precise caratteristiche»
La società e le comunità si stanno sempre più sensibilizzando plasmando una cultura a favore di un obiettivo comune: salvaguardare l’acqua e il nostro pianeta
L’acqua è vita. In tutti i sensi, e non solo da un punto di vista simbolico e per il suo altissimo valore. Ci sono dati e statistiche che parlano e lo dimostrano.
Il corpo umano, per esempio, è fatto per il 70 per cento di acqua, la medesima percentuale ci indica la presenza di acqua sul nostro pianeta. Ovviamente, in questo caso il mare rappresenta la risorsa principale (il 97,5% di tutta l’acqua del mondo è formato da acque salate) e se aggiungiamo una piccola percentuale di acqua ghiacciata (1,75% del totale) e dunque indisponibile, risulta chiaro il motivo assoluto per evitare in ogni caso lo spreco di questo bene vitale.
L’acqua c’è, anche se non è sempre abbondante, solo che non è ben distribuita, una sorta di «profanazione» costante, più o meno consapevole, caratterizzata da ingiustizie amplificate dalla globalizzazione. Malissimo anche in Italia dove siamo specialisti nello spreco dell’acqua attraverso reti ridotte a colabrodo, un’inesistente manutenzione e perdite stimate superiori al 50%.
Un vero e proprio sperpero ingiustificato che non è solo dovuto dalle grandi aziende prive di codice etico ma a volte anche da quelle stesse società che hanno l’onore e l’onere di gestirne la distribuzione fino alla fornitura ai nostri rubinetti di casa. L’impegno per invertire la tendenza però sembra aver decisamente preso forza nel corso degli anni.
Se da una parte l’Unione Europea, seppur con tempistiche non rassicuranti, sta compiendo passi importanti per valorizzare questo bene che va riconosciuto, non solo come un prodotto commerciale, ma soprattutto come risorsa comune limitata che deve essere protetta e utilizzata in maniera sostenibile e consapevole, dall’altra parte la società e le comunità si stanno sempre più sensibilizzando plasmando una cultura a favore di un obiettivo comune: salvaguardare l’acqua e il nostro pianeta.
Il numero di startup che nascono con questo pensiero futuribile da applicare nel presente è in netta crescita e lascia comunque ben sperare, nonostante la sofferenza sempre più preoccupante del globo.
Agriponos si basa su tecnologie che danno vita a un impianto a impatto zero
Il cambiamento da una vecchia cascina
Agriponos nasce nel cuore della pianura Padana. Per la precisione a Camisano (CR), in un contesto agricolo in aperta campagna, fra le province di Cremona e Bergamo, a 15 minuti da Crema (CR) e a 15 da Romano di Lombardia (BG). È un progetto innovativo di orto acquaponico nato dal percorso individuale di Paolo Grossi (laurea e dottorato in Scienze Agrarie con anni di esperienza diretta nel mondo dell’agricoltura grazie alle attività agronome di famiglia) e che ha avuto modo di concretizzarsi ed evolversi grazie alla voglia di realizzare qualcosa di innovativo e sostenibile.
Agriponos si basa su tecnologie che danno vita a un impianto a impatto zero che si inserisce nella categoria degli impianti di produzione orticola «fuori suolo». La particolarità di questi tipi di impianti sta in una nuova concezione, si tratta di piante che non sono più coltivate a terra (e con l’ausilio della terra) ma su strutture che possono essere di tipo orizzontale, verticale e con differenti varianti. Tutte hanno una prerogativa: quella di consentire il recupero quasi totale dell’acqua utilizzata per l’irrigazione. In sostanza, e in termini non troppo tecnici, l’acqua viene pompata dalle apposite vasche verso strutture che forniscono nutrimento e idratazione continua alle radici delle piante. Poi viene raccolta, tornando nelle vasche e nuovamente in circolo.
L’impianto è anche dotato di un sistema di filtraggio e bio-filtraggio che garantisce la depurazione dell’acqua. Questo sistema permette un abbattimento dello spreco pari al 90% rispetto all’irrigazione comune in quanto viene esclusa in modo risolutivo la dispersione. Un altro vantaggio di questo sistema è dato dalla sua efficienza e dalla qualità del risultato. Le piante, infatti, grazie al circolo continuo di acqua, hanno un approvvigionamento costante che permette di crescere in modo veloce, senza stress idrico e più in salute.
E negli orti di Agriponos crescono prodotti di tantissima varietà, forme e colori: pomodori rossi, gialli, neri, grandi, piccoli; melanzane viola e bianche; peperoni normali, a corno, gialli, rossi, piccanti; zucchini scuri, chiari, di forme strane; patate viola, rosse, gialle; angurie baby anche gialle; erbe aromatiche e insalate come indivia, catalogna, lattuga, cavolo nero, cavolo cappuccio, verza, diversi tipi di bietola costa. «Tutti questi sistemi – sottolinea Grossi – garantiscono un’irrigazione con un ricircolo costante che consente alle piante di crescere meglio e in buona salute.
È un po’ come il nostro sistema immunitario: più è forte e meno ci ammaliamo e abbiamo meno necessità di fare interventi di tipo sanitario».
- I PESCI sono allevati in vasche
- Gli scarti organici dei pesci si raccolgono in un biofiltro dove l’azione dei BATTERI li trasforma in fertilizzante
- Accanto alle vasche ci sono le PIANTE le cui radici affondano in substrati che possono essere di diversa natura, al cui interno fluisce l’acqua ricca di nutrienti proveniente dal biofiltro
- Le RADICI delle piante filtrano l’acqua assorbendone i nutrienti e permettendone il ritorno nelle vasche dei pesci
Acquaponica: i vantaggi di sostenibilità
- 90% in meno di consumo idrico
- produzione più elevata e di ottima qualità
- pesticidi ed erbicidi non necessari
- ridotto uso del suolo
- riduzione degli input
- migliore efficienza della forza lavoro
Tecniche di produzione senza terra
Una domanda che potrebbe sorgere spontanea è: ma senza terra, l’acqua dove raccoglie i nutrienti da trasferire alle piante? Ed ecco che si apre il mondo degli impianti acquaponici, i quali sostanzialmente si dividono in tre macro-categorie: idroponica, acquaponica e bioponica.
IDROPONICA: sono gli impianti più diffusi e utilizzati soprattutto da grandi realtà aziendali multinazionali. Questo tipo di impianti sfruttano sempre il concetto del ricircolo dell’acqua mentre per quanto concerne l’apporto nutritivo per le piante vengono inserite soluzioni concimanti da processi chimico-industriali (idrosolubili). Soluzione più rapida, molto efficiente ma anche molto costosa. Fra le diverse tipologie, questa risulta forse la meno eco-friendly in quanto l’utilizzo di nutrienti e sali minerali di natura industriale, a causa dei loro processi produttivi, non scongiura di fatto il rilascio di CO2 nell’ambiente.
ACQUAPONICA: è l’unione fra l’idroponica e l’acquacoltura. Le sostanze nutritive vengono prodotte tramite l’allevamento di pesci in vasca i quali rilasciando le loro deiezioni assicurano il circolo di concime fertilizzante per le piante. Sistemi leggermente più complessi dal punto di vista della progettazione che ancora non hanno avuto una grande espansione a livello aziendale ma che si sono sviluppati soprattutto in piccole realtà e fra privati. Sono impianti perlopiù utilizzati nei Paesi nordici dove vengono appunto sfruttati i grandi allevamenti ittici e completati con sistemi di produzione idroponica. Risulta essere anche un sistema molto delicato in quanto il grado di conoscenza di tutti i processi deve essere di altissimo livello poiché un errore di dosaggio o di gestione dell’uso dei batteri (fondamentale per tramutare le feci dei pesci in nitrati di azoto), potrebbe costare caro a tutta la coltivazione a causa della presenza di ammoniaca. Quest’ultimo risulta, a oggi, essere un sistema di impianto basato interamente su elementi naturali quali l’acqua e la materia fecale dei pesci. Ma – e c’è un ma – si torna ancora una volta, e in modo quasi pignolo, a dover parlare di purezza ed eco-sostenibilità. Infatti i pesci, per essere nutriti, hanno bisogno di mangimi liofilizzati e quindi di prodotti che, ancora una volta, vengono da processi di produzione di fabbrica, con tutti gli oltraggi (seppur minimi) che ne conseguono in termini di impatto ambientale.
L’acquaponica è l’unione fra l’idroponica e l’acquacoltura. Le sostanze nutritive vengono prodotte tramite l’allevamento di pesci in vasca i quali rilasciando le loro deiezioni assicurano il circolo di concime fertilizzante per le piante
E come fare allora per ridurre a zero l’utilizzo di materie esterne da questi sistemi già molto complessi e delicati?
Applicando la tecnica BIOPONICA: esiste un sistema che vede Agriponos pioniere assoluto in Italia di una sperimentazione che potrebbe ulteriormente alzare il livello di sostenibilità ambientale. Si tratta di eliminare addirittura l’acquacoltura, quindi l’utilizzo dei pesci e del loro prodotto fecale, e utilizzare il compost come elemento da inserire in vasca da utilizzare come fonte nutriente. Grossi sottolinea che «i batteri hanno il compito di trasformare l’ammoniaca presente nelle feci dei pesci in nitrati che sono la formula di azoto che nutre le piante. Per questo alleviamo i batteri in apposite «case», dei cilindri forati e porosi, introdotti in una zona di passaggio dell’acqua in modo tale che vengano immessi nel circolo idrico».
La fase della sperimentazione a oggi è a buon punto ma visto che da Agriponos nulla è lasciato al caso, si sta cercando di ottenere il giusto equilibrio nell’apporto di nutrienti e di garantire alle piante il giusto dosaggio di elementi nutritivi.
«Il nostro obiettivo è quello di ottimizzare i processi dei nostri impianti di bioponica con l’intento di ridurre al minimo l’utilizzo di elementi e materie esterne, per rendere totalmente autosufficiente e sostenibile tutto il sistema. Così facendo, non solo l’impatto ambientale si riduce completamente, ma anche dal punto di vista sociale c’è un’ottimizzazione in termini di gestione dell’impianto, a cui va solamente fornita la necessaria assistenza di manutenzione per la regolare funzionalità». Non ultimo, va fatto un attento calcolo delle tempistiche dei processi e delle risorse economiche da investire le quali, a detta dell’agro-imprenditore Grossi, dovrebbe essere analogo (se non addirittura più vantaggioso) rispetto all’impianto di acquaponica per poter garantirne la sostenibilità e quindi il collaudo di una prima vera produzione. «Il nostro impianto di bioponica, ancora in fase sperimentale, costituirebbe l’unico impianto in Italia con queste precise caratteristiche. Per questo è importante l’esito della fase sperimentale in quanto solo al raggiungimento degli standard di sostenibilità che ci siamo prefissati, potremo realmente dire di aver concretizzato un concetto che va incontro a un processo evolutivo basato sul rapporto uomo-ambiente».